Intervista a Carrie Owerko

E’ tra le insegnanti di IYENGAR® Yoga più amate del momento. Conosciamola meglio con questa sintesi di un’intervista che potete vedere nella sua versione integrale sul canale di Rosa Santana.

Domanda: Iyengar dice che lo Yoga è una scienza e un’arte. Secondo te che cosa intendeva dire?

Carrie: Beh, quando vediamo la sua pratica sicuramente riusciamo a capire che il suo approccio è quello dello scienziato, ma anche quello dell’artista. Intendo dire che c’è precisione, c’è l’aspetto scientifico nell’approccio empirico, cioè si fa una cosa e se ne osservano gli effetti, sia nel breve sia nel lungo termine e si considerano anche tutte le variabili.
La parte artistica è nell’esperienza estetica che credo sia importantissima nel processo dello Yoga, perché la bellezza in un certo senso ci avvicina al divino. Lo Yoga ci porta anche ad apprezzare la bellezza, il contenuto delle cose come sono. Io vengo da una famiglia di menti sentifiche e non mi sento di dire che chi ha una mente scientifica non è anche artistico, perché spesso invece queste persone nel loro studio hanno un approccio con profondo rispetto per la vita, per i significati profondi. Allo stesso modo anche gli artisti hanno una grande attenzione alla precisione, quindi lui ha messo insieme questi due aspetti in maniera meravigliosa. Questa è la mia interpretazione.

Domanda: Mia sorella è un’artista, io la vedo quando disegna: quando disegna un bel corpo è anche uno scienziato…

Carrie: Ed è importante anche il concetto di osservatore perché sia l’artista sia lo scienziato sono degli osservatori e lo Yoga ha a che fare con la percezione.

Ricordo mia madre che era una biologa e c’erano dei ragni che avevano fatto la ragnatela fuori la nostra casa in New Mexico. Io l’avevo vista osservare i ragni con grande attenzione perché lei osservava la natura in tutte le sue espressioni e ne rimaneva completamente assorbita così come avviene nella pratica Yoga nella quale siamo completamente assorbiti
E mio padre prese una scopa e tiró via la ragnatela.
E i miei genitori ebbero una lite terribile, è la lite più brutta che ho visto tra i miei genitori da bambina, per quei ragni.

Domanda: Per i ragni?

Carrie: Sì, perché per lei non si trattava solo di una ragnatela e il ragno non lo considerava una creatura inferiore.
C’è un grande insegnamento in ciò.
Mio padre non aveva capito questo perché avevano una prospettiva diversa

Credo che in questa cosa c’era molto Yoga: la capacità di percepire e rimanere connessi con una cosa che si sta osservando, attenzione con rispetto

Domanda: Io credo che tutto questo sia molto presente nel tuo insegnamento, parlo da allieva…
Durante una tua lezione è come se tu invitassi gli allievi a ballare con te ma lo fai con una precisione scientifica.

Carrie: Grazie. Io ho un passato da ballerina, quindi è bello sentirsi dire ció. La danza mi ha dato tanto gioia nella vita ed è sempre nel mio cuore.

Domanda: L’ IYENGAR® Yoga ha questa fama di essere così rigoroso e lineare, ma tu riesci ad apportare qualcosa di diverso, non che non si lavori, ma c’è tanta gioia nel tuo insegnamento. Spiegaci meglio come mai il troppo rigore a volte puó invece portarci all’opposto della gioia.

Carrie: A sentire le tue parole mi viene in mente il Sutra che dice che la pratica è lunga ed ininterrotta e fatta con devozione, anche se in questo processo così lungo si puó perdere la gioia nella pratica. Ma noi abbiamo come riferimento il Maestro Iyengar che non ha mai perso fino all’ultimo la gioia ed il piacere della scoperta nella pratica.

Bisogna saper unire la precisione al gioco, perché il gioco ha un ruolo molto importante per il nostro cervello, perché ci permette di non prenderci troppo sul serio e ci permette di cambiare prospettiva.
Non rimpicciolisce la nostra mente e non costringe il nostro respiro. Il gioco è uno strumento che possiamo portare nella vita reale. Quando mi trovo davanti ad una sfida mi chiedo:- Come posso giocarci?-

[…]

Mi ricordo una cosa di mio padre. Lui era in ospedale, stava male, e mi guardava. C’era la televisione accesa, parlava della Nasa e dato che mio padre era un ingegnare io ero lì a dirgli:- Guarda, papà!-
Poi mi sono accorta che stavo cercando di distrarlo e una parte della mia consapevolezza mi ha fatto capire il disagio che stavo provando in quel momento, con quella presenza, in quella circostanza, ho sentito il contatto dei piedi con il pavimento e mi sono detta: -Ok, ora tu stai in piedi qui e lo guardi e non cercherai di sfuggire-
Ed ho sentito uno scambio profondo e nel mio cuore ho sentito di essere riuscita a comunicargli che poteva andare.
E mi sono accorta che mio padre mi stava guardando come non mi aveva mai guardato.
Ho sentito che ero veramente in Tadasana, mentre fino a un attimo prima non lo ero, ma la pratica mi ha dato la consapevolezza di accorgemene e dire:-Bene, queste sono le circostanze, resterò quindi, resterò nel mio disagio perché ho bisogno di essere presente in questo momento.

Non importa quale altra posizione farò, il più grande dono che potevo ricevere dalla pratica l’ho già ricevuto, perché non so se senza lo Yoga sarei stata capace di rimanere lì, quando ogni parte di me avrebbe voluto fuggire da quel momento.

[…]

(trascrizione e sintesi di Adriana Calò)

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